TI SPIEGO CHI SONO 

IN QUESTO VIDEO

Perchè ho scelto di fare la psicologa?

La storia della bambina dei fiammiferi

 

Tutti gli anni, nel periodo delle feste, mi viene in mente una favola di Hans Christian Andersen: la piccola fiammiferaia.

La avevo letta da bambina e mi aveva turbata moltissimo: possibile che nessuno vedesse una bambina sola ed affamata?

Perché nessuno le aveva comprato i fiammiferi?

Perché nessuno si era accorto di lei e la avevano lasciata morire al freddo?


Ricordo ancora oggi nitidamente l’immagine presente sul mio volume di fiabe; i vestiti della bambina, il grembiule, i piedini scalzi nella neve.


Non riuscivo a rileggerla, mi faceva troppo male, ogni volta che sfogliavo quel libro saltavo quelle due pagine.


Questo perché qualcosa nel mio intimo assomigliava a quella bambina.

Ovvio, abitavo in una casa calda e non andavo in giro la notte di Capodanno a vendere fiammiferi, ma nella mia pancia capivo bene come ci si potesse sentire non visti, non considerati.


E da lì, dal mio sentire personale, ho sviluppato una facilità totale a vedere il bambino non visto negli altri.

 

A sentirlo, a intuirlo.

 

Ho iniziato ad entrare in empatia con le persone che in qualche modo avevano dei problemi, delle complessità, delle situazioni familiari difficili.

 

Alle medie c’era L. , che era di un’altra classe: la gente parlava male di lei dicendo che si “faceva i dxxxxxni” (che poi, per inciso, ce li fossimo fatte tutte di più, ‘sti dixxxni, oggi non conoscerei così tante donne che hanno problemi con il proprio corpo e a raggiungere il piacere... ma tant’è).

 

Comunque nessuno le voleva parlare perché poi ci si “faceva una nomea”.

 

Ecco, io con L. ci parlavo.

 

A me non interessava della nomea.

A me interessava lei, la ragazzetta spavalda e un po’ bulla, ci vedevo immediatamente la bambina appoggiata all’angolo, con il fiammifero in mano.

 

Mi compariva, come un superpotere da X-Men.

 

Gli altri vedevano L., io vedevo la bambina in cerca di un contatto.

 

Mi interessavano le vite delle persone, ma non ciò che appariva agli occhi di tutti. Io volevo vedere ciò che era nascosto alla vista comune. In un centro estivo avevo conosciuto S.; espressione fiera, riccioli scuri, apparentemente sicuro di sè..ma il mio superpotere mi aveva rivelato quasi immediatamente il bambino con il fiammifero in mano.

 

E infatti. Suo padre se ne era andato all’estero, quando lui era piccolo, e non era più tornato. S. non parlava di questa storia a nessuno. Ma a me sì.


Poi ci sono state la ragazza che si sentiva un maschio, quella strana, quella arrivata dal sud, quella considerata facile che in realtà era schifata dal sesso, quella che aveva il fratello che si faceva “le pere”, quella coi genitori anaffettivi che non si ricordavano nemmeno della sua presenza.


E tutte, tutte, parlavano con me.


Ricordo una Prof. che dopo avermi cambiato compagna di banco più volte, sentenziò rassegnata: è inutile Spinelli che io ti sposti, tanto riesci a far parlare chiunque ti metta di fianco...

 

Nessuna si sentiva giudicata.


Non avevo mezzi per aiutarle (li avrei acquisiti in seguito), ma avevo un sincero interesse per la loro storia, per la loro individualità, per la loro ‘luce’.


Non avrei permesso che il bambino dentro di loro morisse da solo, in un angolo al freddo.


Ti comprerò io i fiammiferi. 

Parlerò io con te!


Un misto di altruismo, senso di onnipotenza, soprattutto rabbia e voglia di riparare un’ingiustizia, in particolare se riguardava un bambino.


Provo le stesse identiche cose ancora adesso, ammetto che codardamente evito di leggere o ascoltare qualsiasi notizia che riguardi bambini rimasti soli o maltrattati, perchè anche a 45 anni mi restano appiccicate dentro, non riesco a dormire, la bambina col fiammifero dentro di me trema di paura e la donna adulta ribolle e si sente impotente.


Salto le pagine, oggi come allora.


Ci ho messo molto tempo a trovare un giusto equilibrio fra il mio superpotere e il doveroso confine... ho preso delle grandi fregature, perché il fatto di vedere il bambino interiore dell’altro non corrisponde automaticamente al fatto che l’altro voglia o possa fare un cambiamento.

 

Mi sono innamorata delle persone sbagliate, ho fatto amicizia con le persone sbagliate, molte persone si sono approfittate di me, hanno preso, preso ascolto, preso attenzioni, preso amore, e non hanno restituito.

 

Sono stata molto ferita.

Poi ho iniziato l’Università, contro tutti quelli che mi dicevano che scegliere psicologia era assurdo, ed ero destinata a restare senza lavoro. Ma per me non c’era un piano B, io non volevo FARE la psicologa, io ERO, una psicologa, lo ero fin dalle medie, l’alternativa non c’era.


Lo ammetto, i 10 anni fra università, tirocinio post-laurea e scuola di specializzazione, mi sono volati. Li ho trovati stupendi.

 

Ho amato tutto ciò che ho studiato (perfino statistica!), ho trovato risposte, cornici, sistematizzazioni.

 

Al di là della teoria, la psicoterapia personale, il tirocinio e la supervisione mi hanno aiutata a trovare il giusto equilibrio, a non partire in quarta anche se vedo il bambino col fiammifero nell’altra persona, a lasciare tempo, spazio, a restare disponibile ma frenare l’impulso a risolvere tutto e subito, anche se la voglia di riparare alle ingiustizie è rimasta uguale.

 

Ho iniziato lavorando con i bambini e poi ho allargato il mio campo di interesse perchè ho capito che per far sì che non resti nemmeno un bambino a vendere fiammiferi da solo al freddo la notte di Capodanno, bisogna lavorare tanto con gli adulti, connettersi al loro bambino interiore e fornirgli il calore che gli manca, in modo che possano fornirlo ai loro figli e alunni.


Per questo amo fare formazione, perché posso comunicare con più persone contemporaneamente, agire da moltiplicatore, diffondere buone pratiche.


Per questo faccio la psicologa.

Per questo le persone che si rivolgono a me spesso non hanno nessun disturbo specifico o codificato: non stanno bene con se stesse e la loro luce è "offuscata".


Sono soprattutto insegnanti o genitori, mamme e papà.


Ogni persona che si siede sul divano nel mio studio sa che può raccontarsi liberamente perché non verrà giudicata.

 

Non è un merito, mi viene spontaneo.


A me non interessa giudicare.

 

Avrei fatto un lavoro diverso.

Ogni persona su quel divano sa che avrà il 100% del mio ascolto, del mio interesse umano e autentico, della mia empatia.

Sì, certo, il colloquio è a pagamento, ma non per le cose che ho appena scritto, quelle sono gratis.


Il pagamento riguarda il fatto che ho acquisito degli strumenti PROFESSIONALI per l’ascolto e l’aiuto, ora non so solamente che voglio farlo, ma so anche COME, farlo.

 

Il pagamento sono 25 anni di libri letti, formazioni, approfondimento, che continuano ogni giorno, ma il rapporto umano e personale è gratis, o meglio, fortunatamente è ancora una delle poche cose che non hanno un prezzo. 

 

Sono una professionista, ma sono anche sempre Silvia, la bambina col fiammifero in mano.

 

Lao Tsu diceva: è meglio accendere una luce, che maledire l’oscurità.


Io sono d’accordo e dico: se ti occupi di bambini, come insegnante o genitore, o se dentro di te c’è un bambino che ha bisogno di aiuto -aiuto perché la sua luce venga vista- io sono qui.


So come ti senti.


Non permetterò che quel bambino continui a essere ignorato.

 

E allora vienimi a trovare, siedi sul divano e prendi un fiammifero.


Il primo lo accendiamo insieme ♥️

 

Andando avanti scoprirai quanta luce puoi fare anche senza il mio aiuto, e quanto potente, calda e irradiante possa essere.

TI RACCONTO CHI SONO, 

IN QUESTO VIDEO.

Perchè ho scelto di fare la psicologa? 

La storia della bambina dei fiammiferi

Tutti gli anni, nel periodo delle feste, mi viene in mente una favola di Hans Christian Andersen: la piccola fiammiferaia.

 

La avevo letta da bambina e mi aveva turbata moltissimo: possibile che nessuno vedesse una bambina sola e affamata?

 

Perché nessuno le aveva comprato i fiammiferi? Perché nessuno si era accorto di lei e la avevano lasciata morire al freddo?


Ricordo ancora oggi nitidamente l’immagine presente sul mio volume di fiabe; i vestiti della bambina, il grembiule, i piedini scalzi nella neve.


Non riuscivo a rileggerla, mi faceva troppo male, ogni volta che sfogliavo quel libro saltavo quelle due pagine.


Questo perché qualcosa nel mio intimo assomigliava a quella bambina.


Ovvio, abitavo in una casa calda e non andavo in giro la notte di Capodanno a vendere fiammiferi, ma nella mia pancia capivo bene come ci si potesse sentire non visti, non considerati.


E da lì, dal mio sentire personale, ho sviluppato una facilità totale a vedere il bambino non visto negli altri.

 

A sentirlo, a intuirlo. Ho iniziato ad entrare in empatia con le persone che in qualche modo avevano dei problemi, delle complessità, delle situazioni familiari difficili.

 

Alle medie c’era L. , che era di un’altra classe: la gente parlava male di lei dicendo che si “faceva i dxxxxxni” (che poi, per inciso, ce li fossimo fatte tutte di più, ‘sti dixxxni, oggi non conoscerei così tante donne che hanno problemi con il proprio corpo e a raggiungere il piacere...ma tant’è ).

 

Comunque nessuno le voleva parlare perché poi ci si “faceva una nomea”.

 

Ecco, io con L. ci parlavo. A me non interessava della nomea.

 

A me interessava lei, la ragazzetta spavalda e un po’ bulla, ci vedevo immediatamente la bambina appoggiata all’angolo, con il fiammifero in mano.

 

Mi compariva, come un superpotere da X-Men.

Gli altri vedevano L., io vedevo la bambina in cerca di un contatto.

 

Mi interessavano le vite delle persone, ma non ciò che appariva agli occhi di tutti. Io volevo vedere ciò che era nascosto alla vista comune.

 

In un centro estivo avevo conosciuto S.; espressione fiera, riccioli scuri, apparentemente sicuro di sè..ma il mio superpotere mi aveva rivelato quasi immediatamente il bambino con il fiammifero in mano.

 

E infatti. Suo padre se ne era andato all’estero, quando lui era piccolo, e non era più tornato. S. non parlava di questa storia a nessuno. Ma a me sì.


Poi ci sono state la ragazza che si sentiva un maschio, quella strana, quella arrivata dal sud, quella considerata facile che in realtà era schifata dal sesso, quella che aveva il fratello che si faceva “le pere”, quella coi genitori anaffettivi che non si ricordavano nemmeno della sua presenza.


E tutte, tutte, parlavano con me.

 

Ricordo una Prof. che dopo avermi cambiato compagna di banco più volte, sentenziò rassegnata: è inutile Spinelli che io ti sposti, tanto riesci a far parlare chiunque ti metta di fianco...

Nessuna si sentiva giudicata.


Non avevo mezzi per aiutarle (li avrei acquisiti in seguito), ma avevo un sincero interesse per la loro storia, per la loro individualità, per la loro ‘luce’.


Non avrei permesso che il bambino dentro di loro morisse da solo, in un angolo al freddo.


Ti comprerò io i fiammiferi! Parlerò io con te!
Un misto di altruismo, senso di onnipotenza, soprattutto rabbia e voglia di riparare un’ingiustizia, in particolare se riguardava un bambino.


Provo le stesse identiche cose ancora adesso, ammetto che codardamente evito di leggere o ascoltare qualsiasi notizia che riguardi bambini rimasti soli o maltrattati, perchè anche a 45 anni mi restano appiccicate dentro, non riesco a dormire, la bambina col fiammifero dentro di me trema di paura e la donna adulta ribolle e si sente impotente.


Salto le pagine,oggi come allora.


Ci ho messo molto tempo a trovare un giusto equilibrio fra il mio superpotere e il doveroso confine..ho preso delle grandi fregature, perchè il fatto di vedere il bambino interiore dell’altro non corrisponde automaticamente al fatto che l’altro voglia o possa fare un cambiamento.

 

Mi sono innamorata delle persone sbagliate, ho fatto amicizia con le persone sbagliate, molte persone si sono approfittate di me, hanno preso, preso ascolto, preso attenzioni, preso amore, e non hanno restituito. Sono stata molto ferita.

Poi ho iniziato l’Università, contro tutti quelli che mi dicevano che scegliere psicologia era assurdo, ed ero destinata a restare senza lavoro.

 

Ma per me non c’era un piano B, io non volevo FARE la psicologa, io ERO, una psicologa, lo ero fin dalle medie, l’alternativa non c’era.


Lo ammetto, i 10 anni fra università, tirocinio post-laurea e scuola di specializzazione, mi sono volati.

 

Li ho trovati stupendi.

Ho amato tutto ciò che ho studiato (perfino statistica!), ho trovato risposte, cornici, sistematizzazioni.

 

Al di là della teoria, la psicoterapia personale, il tirocinio e la supervisione mi hanno aiutata a trovare il giusto equilibrio, a non partire in quarta anche se vedo il bambino col fiammifero nell’altra persona, a lasciare tempo, spazio, a restare disponibile ma frenare l’impulso a risolvere tutto e subito, anche se la voglia di riparare alle ingiustizie è rimasta uguale.


Ho iniziato lavorando con i bambini e poi ho allargato il mio campo di interesse perchè ho capito che per far sì che non resti nemmeno un bambino a vendere fiammiferi da solo al freddo la notte di Capodanno, bisogna lavorare tanto con gli adulti, connettersi al loro bambino interiore e fornirgli il calore che gli manca, in modo che possano fornirlo ai loro figli e alunni.


 Per questo amo fare formazione, perché posso comunicare con più persone contemporaneamente, agire da moltiplicatore, diffondere buone pratiche.


Per questo faccio la psicologa.

Per questo le persone che incontro, spesso non hanno nessun disturbo specifico o codificato, ma che non stanno bene con se stesse, persone la cui luce è "offuscata".


Per questo le persone che incontro sono soprattutto insegnanti o genitori, mamme e papà.


Ogni persona che si siede sul divano nel mio studio sa che può raccontarsi liberamente perchè non verrà giudicata. Non è un merito, mi viene automatico.


A me non interessa giudicare.

Avrei fatto un lavoro diverso.

 

Ogni persona su quel divano sa che avrà il 100% del mio ascolto, del mio interesse umano e autentico, della mia empatia.

Sì, certo, il colloquio è a pagamento, ma non per le cose che ho appena scritto, quelle sono gratis.


Il pagamento riguarda il fatto che ho acquisito degli strumenti PROFESSIONALI per l’ascolto e l’aiuto, ora non so solamente che voglio farlo, ma so anche COME farlo.

 

Il pagamento sono 25 anni di libri letti, formazioni, approfondimento, che continuano ogni giorno, ma il rapporto umano e personale è gratis, o meglio, fortunatamente è ancora una delle poche cose che non hanno un prezzo. 

Sono una professionista, ma sono anche sempre Silvia, la bambina col fiammifero in mano.

 

Lao Tsu diceva: è meglio accendere una luce, che maledire l’oscurità.


Io sono d’accordo e dico: se ti occupi di bambini, come insegnante o genitore, o se dentro di te c’è un bambino che ha bisogno di aiuto, aiuto perchè la sua luce venga vista, io sono qui.


So come ti senti.


Non permetterò che quel bambino continui ad essere ignorato.

 

E allora vienimi a trovare, siedi sul divano e prendi un fiammifero.


Il primo lo accendiamo insieme ♥️, andando avanti scoprirai quanta luce puoi fare anche senza il mio aiuto, e quanto potente, calda e irradiante possa essere.